domenica 9 novembre 2008

La valle dei draghi

Erano ormai diversi giorni che il vento dell’Est non si faceva sentire e gli abitanti di Frescoverde attendevano con ansia che arrivasse. Passarono molti venti, alcuni simpatici e delicati, altri violenti e brontoloni, ma del vento contastorie nessuna traccia. Finalmente, un giorno caldo e assolato il caro amico vento arrivò e con lui un nuovo fantastico racconto.
Il vento spiegò hai suoi amici che si era recato molto lontano, per questo era rimasto tanto tempo senza passare.
- Ora silenzio, che inizio il racconto- disse il vento dell’est.
Tutti zittirono e nel bosco di Frescoverde si udì solo il leggero mormorio del vento che raccontava.
Martin, era un bambino come tanti, aveva nove anni e abitava in città con i suoi genitori. Quando arrivavano le vacanze d’estate andava sempre dai nonni che abitavano in un paesino di montagna. Gli piaceva molto stare con loro perché era libero di passeggiare nel bosco vicino, di arrampicarsi sugli alberi, di sdraiarsi nei prati e leggere tranquillo i suoi libri di avventura. Dovete sapere infatti che Martin leggeva molto soprattutto storie che parlavano di draghi e cavalieri. Dai nonni aveva fatto amicizia con alcuni bambini e spesso si trovava a giocare con loro a pallone. Un sabato la pioggia cadde per quasi tutto il giorno e Martin non potè uscire a giocare con gli amici. Sul finire del pomeriggio però la pioggia cessò. Nel cielo c’erano ancora molte nuvole, ma Martin chiese al nonno di poter andare nel bosco a cercare funghi, di sicuro con quella pioggia ne erano spuntati molti. Con un cestino in mano s’incamminò verso il bosco. Ogni tanto alzava gli occhi per osservare le nuvole, erano così strane con tutte quelle forme diverse che sembrava assomigliassero ai personaggi dei racconti che leggeva, qualcuna aveva perfino la forma di drago. Il vento trascinava le nuvole di qua e di là ed il cielo diventava sempre più sereno. Martin s’inoltrò nel bosco e cominciò a cercare. Vicino al tronco di un pino trovò due "finferli", erano grandi, belli e sani. Li raccolse e li depose nel cestino, poi si guardò bene intorno per vedere se ne trovava degli altri.
Di colpo il sentiero sparì e così pure gli alberi.
-Povero me, sono finito nella nebbia !- esclamò.
Tutto era nascosto da una coltre grigio perlacea che gli impediva di vedere dove metteva i piedi. Si fermò. La sua pelle era bagnata da innumerevoli goccioline d’acqua. Non sapeva cosa fare, poi si ricordò che il nonno parlandogli della nebbia che in montagna può coglierti all’improvviso, gli aveva detto che quando succedeva era meglio fermarsi ed aspettare che passasse. Si sedette sul sentiero umido e aspettò, aveva quasi paura, intorno c’era un profondo silenzio, come se nel mondo ci fosse solo lui. Ad un tratto gli parve di scorgere un guizzo luminoso.
-Forse è un raggio di sole che riesce a penetrare la nebbia- pensò.
-Di sicuro fra poco la nebbia se ne andrà e così potrò vedere il sentiero per tornare alla casa dei nonni-.
Un altro guizzo di luce, poi un altro ancora e un terzo, sembrava una lampada che si accendeva e subito si spegneva. Fece qualche passo per vedere meglio, quella luce lo incuriosiva. Gli sembrava di galleggiare nell’aria, con cautela fece ancora qualche passo. Molto lentamente, un passo dopo l’altro si avvicinò a quella luce che lampeggiava. Quando fu abbastanza vicino, si accorse che la luce proveniva da un vecchio lampione.
-Che strano non credevo che nei boschi ci fossero lampioni e si che questo bosco lo conosco bene, forse è stato messo proprio per quando c’è la nebbia affinché ci si possa orientare. Si avvicinò e lo toccò. La luce cambiò immediatamente colore divenne arancione, poi blu… verde… rossa… viola. Il caleidoscopio di colori continuava senza fermarsi. Staccò la mano dal lampione e la luce tornò normale. Nel frattempo la nebbia cominciò a diradare fino a scomparire del tutto e con essa sparì anche il lampione. Apparve il sentiero. -Di sicuro c’è una spiegazione- pensò Martin. -Lo chiederò al nonno quando arriverò a casa-.
Il sentiero si snodava davanti a lui fiancheggiato da alberi che piegavano i rami formando un arco sopra la sua testa. Ogni tanto riusciva a scorgere tra le foglie qualche pezzetto di cielo. Sulle foglie degli alberi mosse da un vento leggero, gocce d’acqua brillavano come piccoli diamanti. Non vedeva l’ora di arrivare a casa perché non voleva ritrovarsi ancora nella nebbia. Ben presto si accorse che il sentiero invece di scendere verso la casa dei nonni, saliva verso l’alto. -Va bene- pensò- arriverò più in alto che posso, così potrò vedere meglio e di sicuro riuscirò a scorgere il sentiero giusto. Era andato tante volte in quel bosco e lo conosceva bene o almeno credeva di conoscerlo. Stranamente il sentiero cominciò scender verso la valle. -Meno male- pensò -sono sulla strada giusta. Continuava a guardarsi intorno, ma gli alberi e i cespugli erano troppo fitti per poter controllare se la direzione era proprio quella giusta e poi c’era qualcosa di strano in quel bosco, ma non riusciva a capire cosa potesse essere. Ad un certo punto si rese conto che tutto intorno a lui era di un unico colore: verde. Cespugli, terra, sassi, perfino il cielo che appariva a tratti tra le foglie era di un bel verde brillante. Il sentiero continuava a scendere e quando gli alberi diradarono, davanti agli occhi di Martin apparve una grande valle sconosciuta circondata da alte montagne che non aveva mai visto. Si vedevano grandi macchie verdi muoversi di qua e di là, ma per quanto aguzzasse lo sguardo, non riusciva a capire cosa fossero. –Ma dove sono finito?- mormorò.
Ad un tratto sentì dietro a sé un forte rumore di passi e di rami spezzati. Si fermò impaurito, si guardò intorno ma non c’era nessun posto per nascondersi. Attese con le gambe che gli tremavano, il rumore divenne sempre più forte ed ecco apparire un piccolo…drago.
-Forse sto sognando, non può essere reale tutto ciò, i draghi non esistono -.
Il draghetto si avvicinò, era molto più grande di lui e aprì la bocca, non sputò fuoco come Martin si aspettava, ma parlò:
- Così sei arrivato finalmente, ti stavo aspettando. Io mi chiamo Grinn. Ora seguimi e ti verrà spiegato tutto- così dicendo si incamminò per il sentiero che scendeva verso la valle.
Martin era troppo stupito per parlare e per muoversi. Rimase immobile come se fosse di pietra. Il draghetto si girò e vedendo che Martin non lo seguiva con un vocione simile al tuono gridò: - Non restare lì impalato, vieni, non ti succederà niente-.
Martin si mosse, prima lentamente, poi sempre più veloce, tenendo tuttavia una certa distanza dal draghetto. Man mano che si avvicinavano alla valle le macchie verdi prendevano forma: erano decine e decine di draghi piccoli e grandi. Ce n’erano giganteschi e quando aprivano la bocca ne usciva fumo nero. In pochi minuti arrivarono nell’ampia distesa popolata di draghi.
-Ecco mamma, siamo arrivati- tuonò Grinn, rivolgendosi ad un drago enorme, che si trovava all’inizio della grande distesa.
La draghessa piegò il suo lungo collo verso Martin e con voce profonda ma gentile gli parlò: - Ciao, benvenuto fra noi, non aver paura. Questa è la valle dei draghi, un posto dove vivono da molti e molti anni tutti i draghi esistenti, è un posto segreto sconosciuto agli umani.
Martin si guardò intorno, nessuno di quei draghi aveva lo sguardo minaccioso. Cominciò a rilassarsi ed ascoltò con attenzione ciò che la draghessa stava dicendo. - Devi sapere che una volta, tutti noi abitavamo sulla terra, ciascuno aveva un compagno e amico: era un nobile cavaliere. Assieme si viaggiava per il mondo aiutando chi era in difficoltà, cercando di combattere i cattivi e lavorando perché dovunque ci fosse pace e e tranquillità. Ma alcuni cavalieri, attirati dalla ricchezza e dal desiderio di dominare il mondo, dimenticando i sentimenti di coraggio, lealtà, generosità e altruismo che sempre li animavano, cominciarono a servirsi di alcuni di noi per i loro scopi . Ognuno di noi obbediva al suo padrone, ci furono combattimenti distruzioni incendi. Ben presto capimmo quanto male veniva fatto, quante distruzioni inutili e così ci siamo ribellati abbiamo abbandonato tutto e ci siamo ritirati in questa valle. Sappiamo però che ci sono ancora persone buone e coraggiose pronte a ad usare le proprie capacità a servizio degli altri, sono i novelli cavalieri, sparsi per il mondo ciascuno con un compito da realizzare. Sono tutti in incognito. Ogni cavaliere è collegato con uno di noi e se ce ne fosse bisogno può chiedere il nostro aiuto.
Quando un drago diventa maggiorenne, cioè compie 50 anni, si fa una bellissima cerimonia durante la quale il festeggiato conosce il suo cavaliere e con lui sigilla il patto di amicizia perenne con il quale ognuno dei due si impegna a difendere e aiutare l’altro in qualunque momento. I due si apparterranno per sempre. Per questo, un drago chiamato “drago cercatore” passa attraverso gli uomini e cerca una persona leale e coraggiosa adatta per ricevere questo onore. Si nasconde dietro le nuvole e osserva, facendo in modo che il prescelto giunga al “sentiero della nebbia” fino al lampione magico che lo fa arrivare nella nostra valle per la cerimonia di investitura. Questa volta è mio figlio, il drago che compie 50 anni e dopo accurate ricerche abbiamo deciso che tu potevi essere il suo cavaliere se vorrai accettarlo. Ti abbiamo osservato a lungo e abbiamo visto quanto sei buono, leale e coraggioso e come sai aiutare chi si trova in difficoltà. Cosa ci rispondi?-
Ci fu un momento di silenzio, Martin era stupito mai avrebbe pensato di trovarsi in una così splendida avventura. Con voce decisa rispose: -Accetto, è un grande onore per me diventare il cavaliere di Grinn -.
-Allora iniziamo la cerimonia. Prima di tutto devi entrare nella caverna del fuoco magico, un fuoco che non brucia e che non si spegne mai. All’interno troverai molte pietre, si chiamano Pietre di drago. Dovrai prenderne una e tornare da noi. Grinn ti aspetterà all’ingresso-. Martin si fece coraggio ed entrò nella caverna, il fuoco lo spaventava moltissimo ma si fidava delle parole della draghessa . Intorno a lui enormi lingue di fuoco guizzavano in ogni direzione, ma al suo passaggio si ritiravano lasciando uno spazio libero perché potesse passare. Giunto al centro della caverna trovò le pietre ne raccolse una e tornò dai draghi che lo aspettavano.
-Ora Grinn per la prima volta, devi provare a far uscire dalla tua bocca una fiammata e dirigerla sulla pietra magica per trasformarla-ordinò la mamma, -ricordati che hai tre tentativi a disposizione-. Grinn si avvicinò alla pietra e con quanta forza aveva in gola soffiò. Tutti aspettavano con ansia perché se dopo aver provato tre volte, il fuoco non fosse uscito, il giovane drago avrebbe dovuto aspettare altri cinquanta anni per avere un cavaliere e diventare maggiorenne. Dalla bocca spalancata di Grinn uscì una grande nuvola di fumo nero, tutti stavano osservando con preoccupazione. Grinn si impegnò con tutte le sue forze ed al secondo tentativo una bella fiammata uscì dalla sua bocca e colpì la pietra che si trasformò in un oggetto brillante.
-Vai Martin- disse la draghessa - prendi la pietra magica-. Martin si avvicinò alla pietra che con il fuoco del draghetto si era trasformata in una collana fatta di tanti anelli che brillavano come l’argento, con un ciondolo che sembrava un antica moneta, dove era inciso il nome Grinn. Martin raccolse la collana.
-Ora sei il cavaliere di Grinn, indossa la collana- gli sussurrò la draghessa e sali sulla sua groppa, ti porterà a fare un giro sopra la nostra valle. Martin salì sul dorso del draghetto che si innalzò in volo, sbattendo le sue grandi ali. Si teneva ben stretto per paura di cadere, gli sembrava di essere su un aereo, sotto le cose erano così piccole e lontane, poi si ricordò che era un cavaliere e si fece coraggio. Dopo alcuni voli sopra la valle, sorvolarono le cime delle alte montagne che la circondavano. Il draghetto disse: - Ora siamo legati da un patto perenne di amicizia, se tu avessi bisogno di me basta che scuoti la collana col medaglione ed io arriverò in tuo aiuto, ma se un giorno vedessi il medaglione della tua collana diventare rosso come il fuoco vuol dire che sono io ad essere in difficoltà. Allora recati nel bosco della nebbia e troverai la strada per raggiungere la Valle dei Draghi. Improvvisamente si trovarono all’interno di una nuvola e la voce del drago divenne più fioca come se venisse da lontano.
-Martin addio, non parlare mai con nessuno di ciò che è accaduto oggi, addio, addio… - Martin, dove seiii?- un'altra voce molto più forte coprì quella del draghetto. Si accorse di essere era seduto per terra. La nuvola si stava diradando, vicino a lui, per terra una vecchia collana. La voce si faceva sempre più forte . – Martin! Martin! -Riconobbe la voce del nonno. - Sono qui - gridò. La nebbia sparì del tutto e Martin vide il nonno.
-Quando abbiamo visto la nebbia sul bosco e tu che non tornavi, ci siamo preoccupati- disse il nonno. - Così sono venuto a cercarti. - Hai avuto paura?-
- Non preoccuparti nonno, mi sono ricordato i tuoi insegnamenti a proposito della nebbia e poi io sono un cavaliere - così dicendo infilò la collana in tasca. Nessuno doveva conoscere il suo segreto se non fosse stato estremamente necessario.

Il nonno sorrise, e pensò: - Quanta fantasia ha mio nipote - ed insieme scesero verso il paese.

martedì 1 luglio 2008

Come un vecchio gioco

Come un vecchio
gioco
la sera,
rincorre le cose
e le nasconde
nell'ombra.
Cadono ancora
nei prati
gioiose manciate
di note.
L'ultimo battito
d'ala
ti sfiora
lasciandoti triste.
Lontano la notte
cancella
bianchi
sentieri di neve.
Fantasmi di luce
e di ombre
passano
fra silenzi incantati

domenica 29 giugno 2008

Giochi di brezza,

E' arrivata, in punta di piedi, invisibile e leggera, nel caldo pomeriggio estivo. Ti accarezza dolcemente e fugge. Chiudi gli occhi e attendi, ritorna, fresca e leggera ti avvolge in un altra carezza e se ne va. Il gioco continua nel pomeriggio assolato: una carezza e poi via a sussurrare alle fronde degli antichi cipressi, storie magiche, storie fatate. Tintinna passando fra i sonagli di uno scacciapensieri e ritorna, ti accarezza i capelli e riparte. Spalanca una porta, curiosa fra i libri, cercando la storia più bella che agli alberi andrà a raccontare, poi esce e con un colpo richiude. Rincorre una nuvola bianca e ritorna, dolcemente ti sfiora la pelle e poi via ondeggiando nel verde dell'erba. Tutto il tuo essere anela a quella carezza incantata che porta ristoro e frescura nella torrida giornata. Aspetti con ansia la brezza leggera che irrompe passando attraverso la valle e sussurra a chi vuole ascoltare le storie più vecchie, le storie più nuove: racconti che parlano d'amore, di gioia e dolore, di magici incontri, di sorrisi di bimbi e giardini incantati. Ti regala profumi di un passato lontano e quando se ne va li porta con sè. Ritorna e i ricordi più belli fioriscono in te. Una lieve tristezza ti scende nel cuore, ma la brezza leggera la porta con sè, lassù dove il cielo più blu.

sabato 14 giugno 2008

La matita arcobaleno

Grigina, così si chiamava la nostra matita, si trovava in fondo ad un cassetto dimenticata da tutti, era un po’ consumata, ma avrebbe potuto lavorare ancora. Ormai in quella casa tutti preferivano usare i pastelli colorati e non la cercavano più. Isabella, che una volta era una sua grande amica e non si separava mai da lei, l’aveva abbandonata in quel cassetto e si era dimenticata della sua esistenza.
La matita era molto triste e sola. Le lunghe e buie giornate all’interno del cassetto erano riempite da pensieri di libertà, di luce, di amicizia, di colori. Quando era stanca di pensare, s’addormentava, ma faceva sempre dei sonni agitati . Qualche volta sognava di essere magica e di cambiare colore ogni volta che lo desiderava, tutti la volevano perché riusciva a colorare paesaggi bellissimi. Quando si svegliava e si accorgeva che era stato solo un sogno, diventava ancora più triste e grosse lacrime scivolavano dalla sua grigia punta. I giorni passavano lenti e nessuno si interessava a lei. Un giorno per qualche strana magia, forse la fatina delle matite ci aveva messo lo zampino (…avete capito bene, anche le matite hanno una fatina che le protegge), il cassetto dove si trovava Grigina rimase aperto. Era una occasione d’oro per uscire. La matita raccolse tutta la forza che aveva e con un balzo riuscì a raddrizzarsi, fece una capriola ed atterrò sopra la scrivania, proprio vicino ad un pastello d’un bel colore viola brillante.
- Ciao, che bel colore che hai! - esclamò la matita – Starebbe bene anche a me! - Mi piacerebbe tanto cambiare colore, così potrei essere ancora utile per colorare qualche bel fiore. Tu sai come si può fare?-
- La matita viola rispose: - Io non lo so, forse il colore rosa che ha più esperienza di me, ti potrà dire qualcosa. Ma non so dove sia finito. -
La nostra matita decisa a cambiare la sua vita, cominciò a cercare il rosa. Fece un altro balzo e finì su un tavolo lì vicino, dove incontrò una matita con un meraviglioso colore azzurro che faceva pensare al mare.
-Hai visto il rosa? - gli chiese - Gli devo parlare, è molto importante, forse tu sai dove lo posso trovare. -
- Forse starà lavorando da qualche parte - rispose l’azzurro – è da un po’ che non lo vedo. -
Grigina fece un altro bel salto e arrivò sull’orlo del tavolo. Cominciò a guardare di qua e di là per scoprire dove poteva trovarsi il rosa, si allungò più che poté, stava quasi per cadere dal tavolo, ma di lui nessuna traccia. S’accorse invece che in un angolino c’era un gruppetto di colori che stavano chiacchierando, erano un rosso, un verde e un giallo.
Un po’ titubante si avvicinò e chiese: - Scusate se vi disturbo, sapete per caso dove si trovi
il rosa ?-
Nessuno lo sapeva. Ma poi al giallo venne in mente che qualcuno l’aveva preso al mattino presto, per colorare il ritratto di una sposa. La matita non si scoraggiò e per tutto il giorno lo cercò, finché lo trovò che riposava sopra un foglio, dove era disegnata una bellissima sposa dal vestito colorato di rosa.
-Senti color rosa - gli disse la matita- posso parlarti? –
- Parla pure – rispose il colore.
- Ho un problema. Potresti aiutarmi? Mi hanno detto che tu hai molta esperienza e che sei molto saggio.-
- Dimmi tutto – sussurrò il rosa.
- Io vorrei cambiare colore, sono stufa di avere addosso questo grigio così monotono che mi fa stare sola, lontana da tutti. Cosa posso fare? -
Il rosa rifletté un attimo, poi le rispose: - Non credo che tu possa cambiare colore, ognuno di noi è nato così, è unico, ciascuno di noi ha uno compito ben preciso, anche tu. Mi spiego meglio: io ad esempio posso colorare solo di rosa, il rosso solo di rosso, il giallo solo di giallo, l’azzurro solo d’azzurro e così per tutti gli altri colori. Solo lavorando assieme, un po’ per ciascuno, possiamo realizzare meravigliosi disegni, per questo tutti siamo necessari ed importanti. Moltissime volte c’è bisogno dell’intervento di una matita sia per preparare lo schizzo di un disegno, che per colorare di grigio. Se vuoi puoi rimanere con noi, potremo lavorare insieme. -
La matita felice accettò, aveva trovato tanti amici. Pensò che voleva farli tutti felici. Su un grande foglio steso sul tavolo disegnò un bel paesaggio con tanti fiori, farfalle, uccellini. Un cielo con le nuvole e il sole, sui monti lontani disegnò un arcobaleno. Chiamò i pastelli e chiese di colorare il paesaggio. Ogni colore si diede da fare e in poco tempo il paesaggio fu completato e divenne bellissimo. Tutti vi avevano lavorato ed erano così contenti che presero per mano la matita e cantando una canzone fecero un girotondo.
Intanto era giunta la sera e i colori stringendosi uno all’altro assieme a Grigina, stanchi e assonnati s’addormentarono. La fatina Arcobaleno che vegliava sempre sulle matite e aveva assistito invisibile a ciò che era successo durante il giorno, volle premiare quella nuova amicizia e così spruzzò un po’ della sua polvere magica sui colori addormentati.
Al mattino Isabella, avvicinatasi al tavolo per prendere le sue matite colorate e andare a scuola non le trovò, al loro posto sulla scrivania c’era una grossa e bellissima matita con tutti i colori dell’arcobaleno ed un stupendo paesaggio disegnato su un foglio.
- Mamma, sei stata tu a farmi questa sorpresa?- gridò Isabella alla mamma che stava preparando la colazione.
Ma la mamma non ne sapeva niente, nemmeno il papà e neanche Bianca la sorellina. Era un mistero. La matita era stupenda e si poteva colorare quello che si desiderava perché conteneva tutti i colori dell’arcobaleno. Isabella la prese e se la portò a scuola. Le avrebbe fatto compagnia e rallegrato la giornata. Non si separò mai da lei, ogni giorno la portava con sé. La chiamò Arcobaleno, perché i disegni che colorava erano luminosi e splendenti proprio come un arcobaleno.

A Isa per il suo Compleanno

mercoledì 4 giugno 2008

Ricerca

Lo sguardo
vagabondo
fra le stelle,
della notte
senza luna.
Il cammino
stanco e lento
d'un viaggio
senza meta,
sulle strade
della vita.
Desiderio
d'infinito
dentro
l'anima sognante
che riscopre
l'universo.

Commento:siamo polvere di stelle; quando nel buio della notte alziamo lo sguardo, nel loro splendore scopriamo la nostra meta.

giovedì 24 aprile 2008

Il regalo della luna

Il Vento dell’est era tornato nel bosco di Frescoverde con una nuova storia da raccontare ai suoi amici. - Chissà come fa a conoscere storie così belle?- mormoravano gli abitanti del bosco, ma il Vento dell’est non aveva mai dato alcuna spiegazione. Quando raccontava, nel bosco c’era un profondo silenzio e tutti ascoltavano con attenzione, per non perdersi nemmeno il più piccolo sussurro.
- Oggi vi racconto l’avventura di Tolò - cominciò il vento - un bambino che viveva felice con la sua famiglia in un paese molto lontano da qui.
Era un tipo molto vivace, gli piaceva giocare con i suoi amici,correre,arrampicarsi sugli alberi, passeggiare nel bosco ed ascoltare il canto degli uccellini. Gli piaceva sedersi sull’erba del giardino, guardare le nuvole che si muovevano nel cielo, ascoltare il rumore del vento che passava fra i rami degli alberi e dei cespugli. Gli sarebbe piaciuto tanto viaggiare in lungo e in largo per il mondo per vedere e conoscere cose nuove e incontrare persone diverse, ma era sicuro che lo avrebbe fatto da grande. Una sera d’estate, faceva molto caldo e lui era da solo, perché in quel periodo molti dei suoi amici erano andati in vacanza. Quel giorno aveva finito di leggere un libro che raccontava la storia di un esploratore che aveva attraversato una grande foresta africana. Dopo cena volle uscire un pò in giardino per ammirare il cielo stellato. Guardava il cielo e pensava:

- Che spettacolo stupendo –.
Cominciò a fantasticare, quelle luci lontane lo attiravano, immaginava che lassù vi fossero mondi sconosciuti e meravigliosi dove vivevano fantastici personaggi. Ad un tratto guardando verso la montagna di fronte a lui scorse un chiarore strano.
- Cosa sta succedendo? - mormorò.
In quel momento i grilli che si erano appena svegliati cominciarono il loro concerto di cri cri. Tolò non li ascoltò come faceva di solito, la sua attenzione era attratta da quel chiarore strano che diventava sempre più grande. Ad un certo punto si rese conto che per qualche strana magia riusciva a capire il linguaggio dei grilli, cantavano una canzone che diceva così:

-La luna cammina
nel suo cielo lontano,
c’è una stella piccina
lei la prende per mano.
Mentre stanno sognando
nel lettino i bambini,
passa brillando
sopra case e giardini.
La sua luce d’argento
diventa magia
e per chi lo desidera
incantesimo sia.
Solo verso mattina
quando stanca sarà,
bacia ogni bambino
e a nanna se ne va.
Una nuvola rosa
le fa da lettino
e una stella luminosa
la copre benino.
Dormirà fino a sera
quando il sole tramonta
e bella e leggera
sarà subito pronta.
Cri...cri...cri.

Il coro dei grilli continuava a cantare, ora cantava un’altra canzone, ma Tolò che adesso aveva alzato lo sguardo verso il cielo vide... la luna...splendida, rotonda, inondata di luce.
-Ecco cos’era quella luce , la luna che sorgeva! - pensò Tolò. - Stasera però mi sembra diversa dal solito, è più luminosa, più grande, mi sembra perfino che stia ridendo.D’un tratto dalla luna partì un raggio d’argento che si posò sulla sua mano e una voce melodiosa gli chiese:
- Vuoi salire da me?-
Tolò guardò la luna incapace di pronunciare qualsiasi parola, riusciva solo a mormorare ma...ma…
- Sei sorpreso perché parlo? - continuò la luna - questa è una notte magica, è il plenilunio d’agosto, una notte durante la quale io posso parlare e donare le mie magie a chi me le chiede.- Davvero?- mormorò con un filo di voce Tolò, che piano piano stava riavendosi dallo stupore.-Certo – rispose la luna – oggi anche a te posso offrire un dono magico. Esprimi un desiderio ed io lo realizzerò. -- Mi piacerebbe tanto viaggiare, disse con voce più sicura Tolò per vedere altri paesi, altre persone, posti lontani, luoghi inesplorati, per cominciare mi piacerebbe andare in Africa -.
- Si realizzi il tuo sogno - disse la luna.
Strani bagliori argentati circondarono la luna fino a nasconderla, alcune bianche nuvole si unirono assieme come se fossero attirate da una calamita e lentamente cominciarono a scendere verso il bambino.Man mano che si avvicinavano a lui, le nuvole prendevano la forma di una mongolfiera che atterrò delicatamente nel suo giardino. La luna gli sussurrò:- Sali, la mongolfiera ti porterà dove vuoi tu, ricordati però le due formule magiche che ora ti dirò, serviranno per farla funzionare.Quando desideri partire devi parlare così:
- Mongolfiera, mongolfiera, puoi partire perché qui è sera, puoi volare sopra il mare e dove ti chiederò mi dovrai portare -.
La mongolfiera obbedirà immediatamente e ti porterà dove le chiederai.
Per scendere a terra le parole magiche da usare saranno: - Mongolfiera d’argento, scendi dal cielo blu, lascia che passi il vento, dobbiamo scendere laggiù -.
La mongolfiera docile eseguirà il tuo ordine. Per le emergenze c’è un tastino azzurro da premere e tutto si risolverà.
Questa magia durerà solo questa notte, perciò ricordati di tornare prima che spunti il sole.
- Ciao Tolò, buon divertimento e se vorrai ancora viaggiare arrivederci al prossimo plenilunio d’agosto.-Tolò, un po’ intimorito, salì sulla mongolfiera, pronunciò le parole magiche per farla partire e ad alta voce espresse il suo desiderio:
- Vorrei andare a vedere una foresta africana -.
Subito la mongolfiera cominciò lentamente a salire verso il cielo. Quando fu abbastanza in alto sorvolò il paese, poi aumentò la velocità e via. Sorvolarono la valle dove abitava, Tolò vedeva passare velocemente sotto di sé case, campi, strade, laghi, fiumi, finchè arrivò... al mare. In quel posto era già giorno ed il sole illuminava la grande distesa d’acqua che sembrava non finire mai..C’erano molte navi che solcavano le onde, sembravano macchioline colorate spruzzate sulla superficie dell’acqua. La mongolfiera viaggiava veloce poi cominciò a rallentare, ormai il mare non si vedeva più. Tolò sotto di sé cominciò a vedere una distesa verde, simile ad un enorme tappeto. Era una grande foresta, la mongolfiera si fermò dondolando dolcemente. Non si riusciva a vedere niente di ciò che stava sotto quei rami intricatissimi, il sole era molto caldo e Tolò curiosissimo cominciò a dire le parole magiche: -
Mongolfiera d’argento, scendi dal cielo blu, lascia che passi il vento, noi dobbiamo andar laggiù -
Era ansioso di vedere quello che succedeva. La mongolfiera lentamente cominciò a scendere e atterrò in una piccola radura che Tolò non aveva notato. Aveva un po’ paura a scendere e pensava: - Se c’è qualche animale feroce, cosa faccio?- Gli venne in mente la storia dell’esploratore che aveva letto, si fece coraggio e con un salto scese a terra.Si guardò intorno, le foglie degli alberi erano di un verde brillante con diverse sfumature, secondo la posizione dove si trovavano. C’era uno stretto sentiero che s’inoltrava nella foresta, rami intricatissimi scendevano dall’alto lasciando poco spazio per passare, suoni e voci di animali riempivano l’aria. Pur con un po’ di tremarella, Tolò si avviò per quel sentiero, gli sembrava di essere un vero e proprio esploratore. Ad un tratto qualcosa lo colpì alla testa e cadde fra l’erba, si piegò per guardare cosa lo aveva colpito e vide per terra una bella banana. La raccolse, si guardò attorno per capire da dove era arrivata e sopra il ramo di un albero, scoprì una scimmietta con in mano una banana che lo guardava.
-Ciao- gli disse la scimmietta – chi sei?
Tolò era stupito, perché capiva il suo linguaggio, ma nel suo viaggio magico tutto era possibile.
- Ciao -rispose - io mi chiamo Tolò e sono qui per visitare questo posto.
Con un salto la scimmietta gli venne vicino.

-Io mi chiamo Bananì e sono contenta che tu sia qui, avevo proprio bisogno di un amico con cui giocare. Intanto mangia la banana che è buona, te ne posso portare ancora se vuoi-.

Tolò, mangiò la banana che era dolcissima, poi cominciò a giocare con Bananì, dimenticando lo scopo per cui era arrivato fin lì. Si arrampicarono sugli alberi , saltarono, fecero capriole sull’erba e mangiarono altre banane. Nessun animale feroce, nessun serpente velenoso li disturbarono, sembrava che in quel posto ci fossero solo loro. Ad un tratto sentirono un pianto di bimbo. Si guardarono intorno ma non videro nessuno. Ascoltarono meglio e si accorsero che il pianto veniva da dietro un albero, poco lontano. S’avvicinarono piano piano e vicino al tronco dell’albero trovarono un bambino molto piccolo, con grosse lacrime gli scendevano sul viso, accompagnate da profondi singhiozzi.

Cosa ti è capitato?-gli chiesero i due amici.

Il bimbo rispose piangendo:

- Stavo giocando con una scimmietta e non mi sono accorto che mi stavo allontanando dal villaggio. Quando me ne sono accorto, volevo tornare a casa, ma non riuscivo più a trovare il sentiero giusto – .

Con una mano cercò di asciugarsi gli occhi, poi continuò:

- I miei genitori mi staranno cercando preoccupati. –

Tolò cercò di consolarlo e gli disse:

-Cercheremo di aiutarti piccolo, io mi chiamo Tolò e questa è la mia amica Bananì, tu come ti chiami?-
-Il mio nome è Hailù– rispose il bimbo tra i singhiozzi. -

- Non temere - esclamò Tolò - ti porterò a casa io, con il mio pallone magico, vuoi venire con me?-.

Tutti e tre salirono sulla mongolfiera. Tolò non sapeva che parole usare per poter sorvolare la foresta, cercò allora il piccolo pulsante azzurro di emergenza, provò a premerlo e la mongolfiera lentamente salì e cominciò a volare in alto, sopra la foresta. Lassù avrebbero scoperto con facilità dove si trovava il villaggio del piccolo. Infatti, dopo aver sorvolata un po’ la foresta, videro alcune capanne, con uno spiazzo erboso davanti.
Si vedevano delle persone che sembravano molto preoccupate. Il bambino gridò:
- Ecco il mio villaggio! Vedo il mio papà e la mia mamma!-

Bananì batteva le mani contenta. Accompagnata dalle parole magiche, la mongolfiera scese lentamente e si fermò al centro del villaggio. Tolò fece scendere il bambino che corse subito verso i suoi genitori, i quali lo abbracciarono felici. Dalle capanne uscirono altre persone, tutte sorridevano contente. I genitori di Hailù ringraziarono Tolò e lo invitarono a fermarsi un po’con loro. Organizzarono una grande festa con danze e canti in suo onore. Bananì saltellava di qua e di là curiosando dappertutto. In questa atmosfera gioiosa, il tempo passava velocemente. Tolò si accorse che il sole stava per tramontare, era giunto il momento di tornare a casa. Salutò tutti, fece una carezza al piccolo Hailù, diede un buffetto alla sua amica scimmietta che si era fatta un po’ triste e salì sulla mongolfiera .

–Torna ancora a trovarci -gridò Hailù.

Poi pronunciò le parole magiche e continuando a salutare i suoi nuovi amici con le mani , si alzò verso il cielo. Le capanne, gli alberi, le persone divennero ben presto dei puntini lontani, fin che sparirono dall’orizzonte e Tolò fu in alto nel cielo. Velocemente come era andata la mongolfiera tornò al punto di partenza o quasi. Tolò aprì gli occhi e si trovò nel suo letto.

- Ma allora è stato solo un sogno- esclamò.

Il suo sguardo venne attirato da qualcosa che brillava sul suo comodino,era un biglietto argentato con scritto:

“ Arrivederci al prossimo plenilunio d’agosto!”
Se in una notte d’agosto, quando c’è la luna piena, guardate il cielo e vedete delle nuvole dalla forma un po’ strana, state certi che è Tolò , con la sua mongolfiera, in viaggio verso nuove avventure

Commento.
Fantasticare ogni tanto non ti fa dimenticare la realtà in cui vivi, ma ti dona la capacità di renderla più frizzante e colorata


sabato 22 marzo 2008

Risurrezione

Passi nebbiosi
su sentieri
umidi di pioggia,
cercano frammenti
di luce e colore
nel nuovo mattino.
Quando da oriente
giunge la luce
e si posa sul mondo,
è subito festa.
Luce e calore
fecondano
la terra
che si risveglia
dal lungo sonno
invernale.
Tutto d'incanto
inizia a germogliare.
E' il miracolo
della vita che torna.
E' primavera
E' risurrezione.

lunedì 3 marzo 2008

Morte e vita

Giorno di morte,
giorno di tristezza.
L'angoscia si scioglie
in lacrime di dolore.
Il buio sovrasta
pensieri e parole
e in gocce d'aceto,
si calma l'arsura.
Il tremito del mondo
annuncia la fine:
la speranza è svanita,
nella terra è sepolta.
Già le prime luci dell'alba
brillano all'orizzonte,
poi la luce trionfa
sulla notte che va.
La vita ritorna
in un inno di gioia
La morte è sconfitta
ha vinto la vita.

martedì 5 febbraio 2008

Il palloncino che voleva diventare astronauta.

Dedicato alla piccola Isa

Nella piazza del piccolo paese, vicino ad una bella fontana rotonda, c’era un venditore di palloncini. Ne aveva di vari colori e per attirare compratori cantava una filastrocca:

- Palloncini, palloncini,
colorati e assai carini
Rosso, giallo, verde, blu,
scegli quello che vuoi tu.
Tieni forte il filo in mano,
altrimenti van lontano.
Volan subito nel cielo blu
e tu non li vedi più.-

Il venditore di palloncini continuava a ripetere la filastrocca, in attesa che qualche papà o qualche mamma, si fermasse a comperarne uno per il proprio bambino. Intanto i palloncini stavano chiacchierando e si confidavano i loro desideri:
- Io sarei contento che mi comperasse un maschietto – diceva un palloncino verde. –
-Io una bambina bionda – replicava uno giallo. –
- Io vorrei partecipare ad una grande festa di compleanno- esclamò uno dal colore rosso papavero.
Quasi tutti erano contenti di diventare compagni di gioco dei bambini. Ma un palloncino azzurro, tutto coperto di stelline dorate, di nome Blu, diceva brontolando:
-Uffa! La smettete di pensare sempre ai bambini. Io ho progetti più importanti dei vostri, voglio volare in alto nel cielo e scoprire cosa c’è lassù. Voglio volare vicino al sole e la notte passeggiare fra le stelle. Sarà meraviglioso e quando sarò stanco, mi sdraierò su una nuvola per riposare. Poi farò le gare con gli aerei e mi divertirò tantissimo. Un giorno troverò una navicella spaziale che mi ospiterà e mi porterà a visitare l’universo, altro che giocare con dei semplici bambini.-
Gli amici palloncini cercarono di spiegargli che un palloncino non poteva volare così in alto, il materiale con cui erano stati costruiti non avrebbe resistito a lungo, specialmente al calore del sole, c’era il pericolo di scoppiare ed i pezzi si sarebbero sparsi sulla terra. Inoltre, per viaggiare nello spazio, si doveva avere l’equipaggiamento adatto.
Il palloncino rispondeva: - Voi siete solo dei fifoni e non vi piace l’avventura. Appena un bambino mi prende, cercherò di sfuggirgli di mano e inizierò il mio viaggio alla conquista del cielo, Vedete come sono coperto di stelline? Questo è il mio vestito d’astronauta. Viaggerò nello spazio, vedrò cose che voi non vedrete mai, divertitevi pure con i vostri bambini, io diventerò famoso perché sarò il primo palloncino ad esplorare l’universo.-
Ad un tratto, i palloncini smisero di parlare perché avevano visto avvicinarsi una bambina con i suoi genitori, sembrava che avesse proprio l’intenzione di comperarne uno. Ogni palloncino cercando di farsi aiutare dal vento cominciò a dondolarsi nella speranza di essere il prescelto. La bimba, si chiamava Isa, aveva cinque anni ed era una appassionata di palloncini. Le piacevano così tanto che quando era il suo compleanno ne riempiva tutto l’appartamento. Ma il suo compleanno era passato da tempo ed in casa ormai, non ne aveva nemmeno uno, così scorgendo il venditore con tutti quei palloncini, aveva chiesto ai suoi genitori di comprargliene uno. Isa osservava i palloncini uno ad uno, per scegliere quello che le piaceva di più. Il palloncino blu si piegò così tanto verso di lei, facendo brillare alla luce del sole le sue stelline, che Isa scelse proprio lui. Tenendo ben stretto il filo del palloncino nella mano, Isa continuò la sua passeggiata con mamma e papà. Il palloncino Blu ondeggiava nell’aria, in attesa del momento migliore per volare via. Ad un certo punto, non si sa bene perchè, la bimba allentò la stretta del filo al quale era legato il palloncino che subito balzò in alto, volando velocemente verso il cielo. Isa rimase con il naso all’insù, a guardare il suo palloncino che si allontanava veloce verso l’alto, mentre due grossi lacrimoni le scivolavano sul viso. Blu era felice di volare e continuava a salire in alto sempre più in su, finché si trovò vicino alle nuvole, ma non si fermò e salì ancora .Ormai era notte, le stelle si accendevano ad una ad una e il cielo divenne presto un’immensa distesa stellata. Era uno spettacolo meraviglioso, sul palloncino si rifletteva la luce delle stelle che però erano ancora molto lontane e lui era già stanco. Si fermò accanto ad una piccola nuvola bianca e le chiese se poteva ospitarlo per quella notte.
- D’accordo – rispose la nuvoletta - stringi bene il tuo filo attorno a me, così potrai riposare tranquillo-.
Blu dopo aver stretto ben bene il suo filo attorno alla nuvoletta, si sdraiò e dopo pochi minuti s’addormentò. Dormiva un sonno tranquillo, quando un fortissimo rumore lo svegliò. Si guardò intorno, le stelle erano sparite, grandi nuvole nere si rincorrevano nel cielo e quando si avvicinavano una all’altra, si accendeva una scintilla di fuoco, seguita da un fortissimo rombo. Gocce di pioggia cominciarono a colpire il palloncino. Un vento fortissimo sbatteva la nuvoletta bianca di qua e di là per il cielo. Il palloncino impaurito si aggrappò al suo filo, stringendosi più che poteva alla nuvoletta. Era scoppiato un temporale, ma il palloncino non capiva cosa stava succedendo perché non sapeva cos’era un temporale. Impaurito, bagnato, infreddolito, avrebbe desiderato essere nella casa di qualche bambino. Per fortuna, dopo un po’ il temporale diminuì la sua forza, piano piano la pioggia smise di cadere e il palloncino tirò un sospiro di sollievo. Il vento cominciò a spazzare il cielo che in breve si rasserenò. Nel frattempo la notte lasciava il posto alla luce del giorno e un bellissimo azzurro accolse il sole del mattino. Il sole era così luminoso che il palloncino non riusciva a guardarlo. Era così caldo che gli toglieva le forze. Blu cominciò a star male, non riusciva a sopportare quel caldo, anche la sua nuvola con quel caldo si stava sciogliendo finché si dissolse completamente e lui rimase da solo nel cielo. Si sentiva proprio male, non riusciva più a volare in alto, anzi si accorse che stava lentamente scendendo verso terra. Sempre più giù, sempre più giù, la brezza leggera lo faceva ondeggiare, ma la sua discesa continuava. Sfiorò il tetto di un campanile, il camino di una casa, i rami di un albero, sfinito e quasi sgonfio cadde in un giardino. L’avventura tanto sognata era già finita. Avevano ragione i sui amici, loro erano al sicuro assieme ai bambini che li avevano comperati, lui non aveva voluto ascoltarli ed ecco come era finito. Chiuse gli occhi, ormai sarebbe rimasto lì per sempre, consumandosi giorno dopo giorno, senza nessuno con cui parlare. Una lacrima attraversò il palloncino o forse era una goccia di rugiada del mattino, ad ogni modo la sua tristezza era grande. Ad un tratto sentì una voce che diceva:
-Papà vieni a vedere, nel nostro giardino c’è un palloncino blu, con tante stelline!-
Aprì gli occhi e vide un bambino che allungò la mano e lo raccolse con delicatezza.
-Guarda papà è ancora intero-.
Il papà lo prese, allentò lo spago e soffiò all’interno, finché Blu fu ben gonfio. Poi riannodò il filo e lo diede al suo bambino che cominciò a giocare facendogli fare dei piccoli voli. Il palloncino non riusciva a volare tanto alto, ma era contento lo stesso, perché ora non era più solo, anche lui aveva un amico con cui giocare. Ma le sorprese non erano finite. Mirko, così si chiamava il bambino, aveva una amichetta di nome Isa, alla quale piacevano tanto i palloncini, così tanto che quando era il suo compleanno ne riempiva tutto l’appartamento. Ma il suo compleanno era passato da tempo e in casa ormai non ne aveva nemmeno uno, così quel pomeriggio, quando Mirko andò a giocare da lei, portò con sé il palloncino e glielo regalò.

domenica 3 febbraio 2008

Ognuno, Qualcuno, Ciascuno, Nessuno

Ho trovato questa storiella e mi è sembrata molto attuale, è di autore Ignoto.

Questa è la storia di quattro persone di nome: Ognuno, Qualcuno, Ciascuno e Nessuno.
C'era un lavoro urgente da fare e Ognuno, era sicuro, che Qualcuno lo avrebbe fatto. Ciascuno avrebbe potuto farlo, ma Nessuno lo fece. Finì che Ciascuno incolpò Qualcuno perchè Nessuno fece, ciò che Ognuno, avrebbe potuto fare.

lunedì 21 gennaio 2008

Attesa di primavera

Cammino
su foglie secche
d'un autunno lontano,
calpestando ombrosi ricordi.
Respiro sole
nell'aria serena,
cancellando
carezze di neve
e singhiozzi di pioggia.
Guardo
giochi di luce
intrecciarsi
fra i rami,
nella speranza
di un risveglio fecondo.
Scopro
all'orizzonte
fragili corolle bianche
scompigliate dal vento,
aprirsi nell'azzurro.

giovedì 10 gennaio 2008

Pioggia

Brandelli di
anime
si sciolgono
nel gocciolare
monotono
di un cielo
sempre più cupo,
finchè il buio,
sovrasta
opprimente,
il desolato giorno.
Rotolano le gocce
e si dissolvono
in un lieve
bagliore:
tenue speranza
di un domani
luminoso.

venerdì 4 gennaio 2008

Magica neve

Vivere è difficile e complesso. Ogni giorno devi affrontare la realtà quotidiana con le sue varianti, il suo strascico di problemi vecchi e nuovi, di tristezze e  sofferenze. Oggi sento che la giornata è diversa, un pizzico di magia aleggia nell'aria. Guardo dalla finestra. Il nuovo mattino è grigio e imbronciato, ma non è il solito grigio nebbioso, monotono, opaco, oggi è vivo, palpitante. Sembra curvarsi verso la terra, quasi a voler lenire le sue innumerevoli ferite, la sua sofferenza, i suoi drammi. All'improvviso, ecco, portati dal vento i primi fiocchi di neve. Immobile, accanto alla finestra guardo i fiocchi che volteggiano leggeri, mi hanno sempre affascinata. Dopo un po', scendono più fitti. Esco, mi lascio avvolgere dal bianco sfarfallio. Alzo lo sguardo verso il cielo e mi sembra di entrare in un mondo immacolato, luminoso, magico, mondo dal potere ammaliante. Lo so, da qualche parte questa neve porterà disagi, freddo... ma oggi ho bisogno di fantasticare, di sognare.Tutto si sta coprendo di un bianco splendente. Rientro, il tepore della stanza mi avvolge. Da fuori i rumori mi giungono attenuati. Piano piano il paesaggio si trasforma e la terra sembra cicatrizzare le sue ferite, lenito la sua sofferenza, cancellato i suoi drammi. Passeri zampettano sul terrazzo alla ricerca di cibo. I passeri e la neve, l'immagine mi riporta ai primi libri di scuola, alle poesie imparate, ai primi pensierini scritti sul quaderno di lingua.  Come passeri solitari,  anche noi camminiamo nel mondo alla ricerca di cibo: cibo per alimentare l'energia del nostro corpo, cibo per arricchire la nostra mente, cibo per l'anima ferita, triste, delusa, cibo per il nostro cuore affamato d'amore. Sono sola con i miei pensieri. Il mio spirito inquieto si rasserena, mentre la neve continua a cadere, bianca, scintillante, ammaliante.